Culti in declino? Gli articoli ignoranti del New York Times

30 settembre 2014

Nei giorni scorsi su questo blog avevamo inserito un post nato dalla reazione a un articolo a firma di Ross Douthat.

Douthat è uno dei più seguiti editorialisti del New York Times e l’articolo di fondo a cui ci si riferisce, titolato “THE CULT DEFICIT”, ripercorreva le recenti tesi di Philip Jenkins, -celebre e prolifico storico delle religioni e docente presso la Baylor University (Texas)-, e di Peter Thiel, -capitalista d’impresa e polemista, cofondatore di PayPal e uno dei primi investitori di Facebook-, per i quali si assisterebbe a un declino dei culti e di gruppi controversi, che tuttavia andrebbe letto come segnale preoccupante piuttosto che confortante tanto per i credenti appartenenti a religioni più tradizionali quanto per l’intera cultura occidentale.  Per i due autori, infatti, il declino dei culti rappresenterebbe un indicatore di stagnazione religiosa ovvero la mancanza di una spinta creativa per la vitalità religiosa ma anche, come sottolineato da Thiel nel suo ultimo libro, per ogni innovazione umana

In particolare, secondo l’opinione di Jenkins, benché i culti possano essere pericolosi e anche omicidi, in taluni casi sono stati maltrattati e giudicati erroneamente con conseguenze anche fatali, (al riguardo è citato il caso dei Davidiani), e zelanti veggenti carismatici americani, nonché alcuni gruppi definiti dai critici “cultlike“, quali francescani e gesuiti, hanno svolto un ruolo essenziale per la creatività religiosa, apportando fruttuosi cambiamenti e rivitalizzando la stessa chiesa cattolica. Douthat citando le parole dello storico delle religioni ha sottolineato che “una frangia selvaggia, è spesso segno di un sano centro vitale, e una cultura religiosa che manca di  soggetti carismatici può essere carente pure di “un solido nucleo di attivismo spirituale…”

“L’argomento di Thiel è più ampio”,  ha osservato ancora l’editorialista del NYT “non solo la vitalità religiosa ma la totalità della innovazione umana, dipende dalla convinzione che ci sono grandi segreti sinistri ancora da scoprire, intuizioni che le istituzioni esistenti non sono riusciti a sbloccare… modi migliori di vivere che un piccolo gruppo potrebbe abbracciare con successo…. Quando le persone erano più aperte all’idea che non tutto il conoscibile era ampiamente conosciuto, vi era più interesse per i gruppi che garantivano l’accesso a qualche conoscenza segreta o offrivano una visione rivoluzionaria. Ma oggi, molti meno americani “prendono sul serio idee non ortodosse “,  e mentre questo ha pregi evidenti, – “meno sette pazze ” – , può anche essere un segno che “abbiamo rinunciato al nostro senso di meraviglia per i segreti nascosti da scoprire.”

Chi scrive ha via via corretto e aggiornato il post anche in relazione ai numerosi commenti critici letti in margine all’articolo di Douthat, nonché su blog e social network, alcuni dei quali a firma di autorevoli studiosi e riconosciuti esperti in campo internazionale del fenomeno dei culti abusanti e distruttivi, come la dott.ssa Janja Lalich e il dott. Steve Hassan.

Si è deciso di non procedere alla immediata messa online del nostro post quando è giunta comunicazione di un certo fermento in ambienti americani che preludeva alla possibilità di una pubblica risposta all’articolo di Douthat.

Ci ha pensato infatti Tony Ortega, noto giornalista americano e critico di Scientology,  ex caporedattore del Village Voice e attualmente di The Raw Story. Lasciamo dunque a lui la parola, aggiungendo soltanto, che oltre a non essersi verificato alcun significativo declino dei culti né in America né altrove, invero gli stessi sembrano godere di ottima salute, in particolare proprio quei culti del terrore e quelle “sette pazze” che secondo il menzionato trio, sarebbero preoccupantemente fuori scena.

Di fatto, anche nuovi movimenti religiosi ritenuti controversi, in particolare per la denunciata attività di indebita influenza sugli affiliati, e che stanno decisamente attraversando fasi critiche, sembrano tuttavia determinati ad adeguarsi e riorganizzarsi, rispetto le odierne tendenze ed esigenze, (si veda ad es. l’articolo pubblicato qui http://www.faithstreet.com/onfaith/2014/06/16/hare-krishna-gets-evangelical/32487 ),

Vorremmo inoltre citare, le considerazioni del dott. Miguel Perlado, esperto di culti e manipolazione psicologica, che opportunamente nel corso di una recente intervista, ha informato “i non addetti ai lavori”  di come molti gruppi a carattere settario, oltre a non essere unicamente di tipo religioso, si presentino oggi in maniera alquanto differente rispetto al passato, anche e soprattutto al fine di risultare socialmente accettabili, proponendo e promuovendo  sé stessi attraverso un’ immagine positiva, di grande affidabilità ed efficienza e dunque, all’apparenza, tutt’altro che insidiosa,  “..il fenomeno delle sette emerso alla fine degli anni ’60 e primi anni ’70 era strettamente legato alla sfera religiosa, ma l’esperienza clinica ha dimostrato che ci sono moltissimi gruppi settari la cui dottrina non è di tipo religioso…. ciò che prevale oggi sono grandi presentazioni tenute in lussuosi alberghi, con leader e adepti vestiti di tutto punto in giacca e cravatta..”  https://favisonlus.wordpress.com/2014/09/14/fenomeno-settario-una-panoramica-sul-mondo-dei-gruppi-e-delle-relazioni-abusanti-nellintervista-allesperto-miguel-perlado/

D’altra parte, nell’attuale epoca dei fanatismi religiosi, di leader folli e organizzazioni settarie e criminali capaci di attrarre e reclutare seguaci anche attraverso la rete internet, di disumanizzarli indottrinandoli e condizionandoli psicologicamente al punto da votarli alla propria e all’altrui distruzione, le opinioni e tesi di Duahat, Jenkins e Thiel, risultano quanto mai, o meglio, del tutto improbabili e, a nostro parere,  per questo, gravemente fuorvianti.

 

NOTA: Vedi a margine dell’articolo a firma di Tony Ortega, libera traduzione del testo a cura favisonlus

 

NELLA STESSA SETTIMANA IN CUI GLI USA VANNO IN GUERRA CONTRO UN CULTO, DOUTHAT DEL NEW YORK TIMES SI CHIEDE “DOVE SONO I CULTI”?

The same week the US goes to war with one, NYT’s Douthat asks, where are the cults?

By Tony Ortega

28/9/2014

haines- ISIS

Ross Douthat’s column today at the New York Times, ‘The Cult Deficit,’ could be the worst-timed ever.

Destructive cults have metastasized and proliferated and grown in strength around the world to such a degree, the United States literally launched a war against one just this week.

And Douthat chooses this moment to ask, where did all the cults go?

That ISIS doesn’t register as a cult in Douthat’s mind is a clue that he really doesn’t understand what a destructive cult is, or the potential harm it can cause.

Clearly, he’s got a cartoonish notion of cults — he dismissively recounts that we were all supposed to be afraid of them in the 1980s and 1990s, which is Douthat’s way of saying they were never dangerous to begin with.

(As for Douthat’s main point, that religion — and by extension, culture as a whole — is settling into a boring sameness, you can’t help wondering if they don’t have this thing called the Internet over at the New York Times. Kooky, fringe beliefs, of course, are practically baked into the Web.)

Douthat makes the error of thinking that a “cult” is merely the nutty fringe of a larger church.

In fact, cult experts will tell you that controlling groups are only tangentially about religion, and many have no connection to churches at all.

Cults are about undue influence and behavior control. They are about wielding power over individuals in a way that can be brutal or even deadly, and odd religious beliefs are just one tool in a cult leader’s arsenal.

Destructive cults can be associated with religion, but many of them are not. There are business cults (Landmark Education, Amway), political cults (remember the SLA and MOVE?), even yoga cults (Aum Shinrikyo in Japan and Falun Gong in China).

A cult expert like Rick Ross, who helps family members desperate to convince a loved one to leave a controlling group, will tell you that he’s never been busier in his 30 years in the field.

And Rick has told me that what concerns him most is the way that cultic methods are showing up in rising political extremism around the world and here in the United States.

A guy like Douthat, who throws in some David Koresh apologetics in today’s column, isn’t going to acknowledge that. To him, a “cult” looks like the Hare Krishnas or Moonies of the 70s, and the worst they could do is hit him up for a donation as Douthat is dashing to catch a plane.

But that’s not surprising. The media and the government are equally ignorant about destructive groups and how they work.

A great example of this was President Barack Obama struggling to explain that ISIS, which beheads people in the name of Allah, is not “Islamic.”

Obama’s inability to explain that ISIS is a destructive cult that uses undue influence to motivate its fighters to commit atrocities was equaled by the media’s kneejerk reaction to his speech. How could ISIS not be Islamic? They weren’t marching into Mosul singing “Onward Christian Soldiers.”

As long as the media remains in the dark about destructive cults and the way they work, we’ll continue to get bewildering statements about ISIS, and ignorant columns from the New York Times.

 

Fonte: RAW STORY

http://www.rawstory.com/rs/2014/09/the-same-week-the-us-goes-to-war-with-one-nyts-douthat-asks-where-are-the-cults/

 

 

NOTA: L’articolo “THE CULT DEFICIT”, di Ross Douthat, è consultabile qui

……

LIBERA TRADUZIONE DI “The same week the US goes to war with one, NYT’s Douthat asks, where are the cults?”

“I culti distruttivi si sono diffusi proliferando  e crescendo in forza in tutto il mondo, a tal punto che gli Stati Uniti hanno letteralmente lanciato una guerra contro uno di essi proprio questa settimana.

E Douthat sceglie questo momento per chiedere dove stiano andando i culti?

Che l’ISIS non sia registrato come un culto nella mente di Douthat è il segnale che in realtà non capisce cos’è un culto distruttivo né il danno potenziale che può causare.

Chiaramente, ha un concetto da cartone animato dei culti,  racconta sprezzante che avremmo  dovuto avere tutti paura di loro negli anni 1980 e 1990, che è il modo di Douthat per dire che non erano mai pericolosi all’inizio.

(Per quanto riguarda il punto principale di Douthat, che la religione – e, per estensione, la cultura nel suo insieme – si sta improntando a una monotonia noiosa, non puoi fare a meno di chiederti se non abbia cercato questa cosa su Internet per il  New York Times)

Douthat commette l’errore di pensare che un “culto” sia solo una frangia minoritaria di una chiesa più grande.

In realtà, gli esperti di “sette” vi diranno che i gruppi di controllo stanno alla religione solo tangenzialmente, e molti non hanno proprio alcun collegamento con le chiese.

Le “sette” utilizzano l’ influenza indebita e il controllo del comportamento. Esercitano il potere sugli individui in maniera brutale e finanche mortale, e le credenze religiose strane sono solo uno strumento nell’armamentario di un leader di una setta.

Le sette distruttive possono essere collegate alla religione, ma molte di loro non sono. Ci sono culti del business (Landmark Education, Amway), culti politici (ricordate SLA e MOVE?), anche  culti dello yoga (Aum Shinrikyo in Giappone e il Falun Gong in Cina).

Un esperto di culti come Rick Ross, che aiuta i famigliari disperati per convincere la persona cara a lasciare un gruppo di controllo, vi dirà che non è mai stato più impegnato nei suoi 30 anni d lavoro nel settore.

E Rick mi ha detto che ciò che lo preoccupa di più è il modo in cui i metodi settari si mostrano in aumento nell’estremismo politico di tutto il mondo e qui, negli Stati Uniti.

Un ragazzo come Douthat, che infila un’apologia di  David Koresh nella suo articolo di fondo, non ha intenzione di riconoscerlo. Per lui, una “setta” si presenta come gli Hare Krishna o Moonies degli anni ’70, e la cosa peggiore che potrebbero fare è tampinarlo per una donazione mentre Douthat corre a prendere un aereo.

Ma questo non sorprende. I media e il governo sono parimenti ignoranti sui gruppi distruttivi e su come funzionano.

Un grande esempio di ciò è stato il presidente Barack Obama che riesce a stento a spiegare che ISIS, che decapita la gente in nome di Allah, non è “Islamico”.

L’Incapacità di Obama di spiegare che l’ISIS è un culto distruttivo che utilizza l’indebita influenza per motivare i suoi combattenti a commettere atrocità era pari alla istintiva reazione dei media al suo discorso. Come potrebbe non essere islamico l’ISIS?  Non marciavano su Mosul cantando “Onward Christian Soldiers.”

Finché i media resteranno all’oscuro sui culti distruttivi e il loro modo di agire, continueremo ad avere affermazioni sconcertanti su ISIS, e articoli ignoranti sul New York Times.

 

 

 

 

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