Testimoni di Geova e trasfusioni di sangue. Il parere dei medici dell’Unità di Etica clinica del CHU Sainte-Justine, dopo il decesso di una neo-mamma

9 Novembre 2016

Rifiuto delle cure: vittima del proprio “diritto all’indipendenza”

di Guylaine LAROSE, ANTOINE PAYOT  Medici, membri dell’Unità di Etica clinica del CHU Sainte-Justine

(Libera traduzione a cura favisonlus)

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Un bambino non conoscerà mai sua madre. Poche settimane fa Eloise Dupuis è deceduta sei giorni dopo un parto cesareo d’emergenza. La giovane donna, membro dei Testimoni di Geova, aveva rifiutato, per motivi religiosi, le trasfusioni di sangue che le avrebbero forse salvato la vita.

Le circostanze esatte non sono note e sono oggetto di informazioni contrastanti sui mezzi di comunicazione, in particolare sulla questione se il suo rifiuto alle trasfusioni fosse libero e informato. Come medici clinici coinvolti nell’insegnamento dell’etica, teniamo a esprimere  alcune riflessioni in seguito alle opinioni espresse pubblicamente sul “diritto” di cura.

L’avvocato Jean-Pierre Ménard ha dichiarato che “(…) i medici non hanno il diritto di curare un paziente oltre il suo consenso“. Ha aggiunto:”Si può essere moralmente a disagio su questo, ma è lo stato di diritto “.  Da parte sua, il giornalista Patrick Lagacé ha scritto: “(…) la giovane adulta ha scelto di stare in una setta come i Testimoni di Geova, e muore di emorragia dopo il parto, che si complica. E ‘triste. Ma non vi vedo l’ingiustizia” (La Presse + ,17 ottobre). Infine, il ministro della Salute Gaétan Barrette ha detto che la giovane donna  avrebbe rifiutato le trasfusioni di sangue “in modo informato e indipendente e senza pressioni esterne“.

Quando la nostra società laica chiude gli occhi  e accetta senza batter ciglio le ideologie pericolose di una comunità religiosa, occorre interrogarsi . Quando la nostra legge porta a decisioni “moralmente discutibili” è necessaria un’ attenta riflessione. Quando indossare il velo suscita passioni, ma si alzano le spalle di fronte alla morte di una giovane madre, possiamo domandarci dove siano le nostre priorità.

Nel 1992, nel giudizio di Nancy B., la Corte Superiore del Quebec ha riconosciuto il diritto di tutti gli adulti a rifiutare le cure, anche se potrebbe causare la morte. Nancy B. era paralizzata e dipendente da un respiratore da più di due anni. Aveva deciso di spegnere il supporto respiratorio.

Era stata sostenuta nella sua decisione dalla sua famiglia e nessun membro del team medico ha contestato la sua richiesta, lungamente e attentamente considerata.  Questo diritto all’autodeterminazione, nella misura in cui permette di rifiutare le cure e lasciare che la natura faccia il suo corso, costituisce il consenso.

Tuttavia, reso celebre dalla tragedia di Eloise Dupuis, il dogma dell’autonomia ci sembra abbia raggiunto qui il suo limite.

Non si tratta di ritornare ai tempi del paternalismo medico, quando il medico decideva tutto. Crediamo fermamente nel libero arbitrio e siamo ferventi  sostenitori del diritto dei pazienti. Tuttavia, una visione semplicistica del diritto di rifiutare le cure nega la complessità delle decisioni delle cure e il loro impatto in ogni particolare caso.

Il rispetto per i diritti dei pazienti del consenso alle cure o a rifiutarle, fa intimamente parte della pratica degli operatori sanitari, consapevoli che qualsiasi consenso o rifiuto devono essere espressi in modo libero e informato. Tale decisione deve essere libera, vale a dire, deve essere libera da qualsiasi influenza indebita. Deve inoltre essere informata, vale a dire che il paziente deve capire i benefici e i rischi del trattamento, così come le conseguenze del rifiuto. I medici si confrontano ogni giorno con il rifiuto di esami  o di cure.

Quali che siano le circostanze, è sempre necessario prendere il tempo per esaminare i motivi di un consenso o di un rifiuto, soprattutto se ne derivano conseguenze gravi o irreversibili.

Tale processo, che permette di assicurarsi del carattere libero e informato di una decisione, richiede tempo ed è spesso illusorio in caso di emergenza.

Il rifiuto di cure urgenti pone problemi reali che possono rivelarsi insormontabili, mettendo l’equipe medica in una situazione di conflitto, straziante e impossibile da risolvere. In una situazione di pericolo di vita, ogni minuto conta ed è forse irrealistico pensare che ci si possa sedere e valutare la situazione psico-sociale, nonché l’effettiva validità di un consenso o di un rifiuto. In caso di dubbio, non è socialmente desiderabile prendere una decisione a favore della integrità fisica e della vita, piuttosto che rispettare un rifiuto ambivalente che comporta conseguenze irrimediabili?

Ci si può chiedere se sia possibile per un Testimone di Geova, che è sotto pressione da parte dei membri della sua comunità, prendere una decisione veramente libera e informata? Nel 2007, il fratello di un giovane adulto morto dopo aver rifiutato una trasfusione di sangue si lamentava che i medici avessero le mani legate da tale rifiuto ( “Un Testimone di Geova muore dopo aver rifiutato la trasfusione,” The Sun, 13 gennaio 2007). Nel 1992, un tribunale in Inghilterra ha ignorato il rifiuto delle trasfusioni di sangue di una giovane madre che aveva appena partorito. La Corte era del parere che la giovane donna era stata oggetto di pressioni indebite da parte di sua madre.

IL CASO DEI BAMBINI

Vogliamo anche chiarire la situazione dei bambini. Il codice civile del Quebèc permette a un giudice di ordinare le cure che i genitori di un minore di 14 anni o più, rifiutano. In termini di rifiuto di trasfusioni di sangue per i minori, i tribunali del Quebèc hanno ordinato trasfusioni quando era in gioco la vita dei bambini, tra cui due sentenze che coinvolgono adolescenti (Ospedale di Montreal per bambini v. DJ 2002, Ospedale Sainte-Justine v. Giron, 2002).

Siamo turbati per il fatto che abbiamo incontrato personale medico che ha detto che i genitori si sono mostrati contenti di essere stati “costretti” a trasfondere il loro bambino, evitando la pressione del loro gruppo religioso.

Il codice civile dovrebbe essere rivisto per riflettere la realtà contemporanea del consenso in un momento critico, soprattutto quando vi è dubbio circa la natura libera e consapevole di una scelta personale e quando una semplice procedura permette di risparmiare vita.

 

FONTE:

http://www.lapresse.ca/debats/votre-opinion/201611/07/01-5038743-refus-de-soins-victime-de-son-droit-a-lautonomie.php

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