SETTE ABUSANTI. Prima sentenza italiana per riduzione in schiavitù degli adepti

31 Marzo 2017

Firenze, ex sacerdote condannato per “aver ridotto in schiavitù” gli adepti di una setta
E’ la prima sentenza che riconosce questo reato per una comunità pseudo religiosa

di FRANCA SELVATICI

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La riduzione in schiavitù – uno dei delitti più gravi previsti dal nostro codice – non riguarda solo giovani donne disperate costrette a mendicare o gettate sui marciapiedi, non solo gli immigrati inchiodati per ore nei campi o nei laboratori in condizioni impossibili, né solo le spose bambine. Possono essere ridotti in schiavitù anche uomini e donne con una buona cultura, benestanti, con un lavoro. Può accadere se diventano membri di una setta. E’ quel che ha affermato la corte di assise di Arezzo, che il 12 dicembre scorso, accogliendo la richiesta del pm distrettuale Angela Pietroiusti, ha condannato a 15 anni per riduzione in schiavitù e violenza sessuale l’ex sacerdote Mauro Cioni , 72 anni, e che nelle motivazioni spiega ora le ragioni della condanna, la prima nel suo genere in Toscana.

La storia della comunità è stata ricostruita dalla Squadra anti-sette della Questura di Firenze. Sospeso a divinis nel 1985, Mauro Cioni aveva continuato ad avere un seguito di fedeli e seguaci. Dopo essersi stabilito con alcuni di loro in un complesso di abitazioni a Montecchio, una frazione di Cortona, l’ex sacerdote, sposato e padre di un figlio, esercitava la sua direzione spirituale su un nucleo di fedeli, donne, uomini e bambini, asserendo di essere messaggero di Dio, l’unico in grado di assicurare la salvezza dell’anima e del corpo, di liberarli dai demoni, di purificarli. Con le donne, bambine, giovani e mature, il sistema era sempre lo stesso. Chiuso nel suo studio, le toccava in tutto il corpo, in particolare nelle zone erogene perché l’azione su di esse – sosteneva – era la  più idonea “al funzionamento dell’anima”. La sua era “la mano di Dio”. Da tutte – secondo le testimonianze raccolte – pretendeva rapporti orali. E a quelle che si schifavano e non ce la facevano diceva che era il demonio a ribellarsi. Sosteneva – ha raccontato una delle ex adepte – “che il nostro corpo doveva essere suo, lui doveva essere padrone del nostro corpo, solo così si riusciva ad accogliere Dio”. Sembra incredibile, ma per anni si sono sottomesse a Mauro Cioni anche donne istruite e apparentemente  non sprovvedute:  maestre elementari, laureate in farmacia, matematica, scienza della comunicazione. Una di loro, rimasta in comunità ben 27 anni, ha raccontato che era stato Cioni a sceglierle il marito, a organizzarle il matrimonio, a farle confezionare l’abito da sposa da una adepta, a farle vendere un appartamento a Firenze per sopperire ai bisogni della comunità. In aula ha detto: “Mi ha tolto la vita, mi ha tolto tutto, mi ha tolto la possibilità di decidere qualunque cosa, ha deciso lui ogni cosa della mia vita. Controllava il nostro respiro”.

Secondo la corte di assise di Arezzo, Mauro Cioni è responsabile di riduzione in schiavitù perché, “sfruttando la sua posizione di sacerdote prima e di direttore spirituale poi, ha posto più di una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendole a prestazioni sessuali ovvero sfruttandole, il tutto in un ambito di religiosità o presunta tale, con minaccia di andare all’inferno se non ci si uniformava al volere del capo”.
Nel 2009 alcune donne, confidandosi fra loro, fecero crollare il muro di silenzio che fino ad allora aveva circondato ciò che accadeva nello studio dell’ex sacerdote…

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FONTE: LA REPUBBLICA (Firenze)

http://firenze.repubblica.it/cronaca/2017/03/30/news/cioni_firenze_riduzione_schiavitu_-161828220/

 

NOTA: Sulla vicenda vedi articoli precedenti al link

https://favisonlus.wordpress.com/?s=mauro+cioni

 

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